Ai nostri cani diamo molteplici segnali: forse il primo che tentiamo di insegnare appena il nostro cane varca la soglia di casa è il seduto. Forse è anche il più semplice.
Poi affrontiamo il Terra, il Lascia, proviamo il Roll, il Morto, alcuni si addentrano nell’utilizzo del clicker (se non sai cosa sia può leggere qui) per fare qualcosa di più avanzato e direi divertentissimo.

Ma un segnale fra tutti, oggi, mi ha fatto riflettere: il Resta.
Questo segnale spesso non viene considerato come dovrebbe e secondo me non gli si da il valore che merita eppure nasconde un’importanza gigantesca.
Se non lo conosci, il segnale Resta vuol dire: “Stai qui, mentre io mi allontano per un momento. Stai tranquillo che torno.”

Per capire meglio, partiamo da noi.

Cosa vuol dire per noi aspettare?

Dipende da cosa aspettiamo, giusto?
Possiamo aspettare una persona, un risultato, una risposta da parte di qualcuno, il treno, possiamo aspettare la pioggia o il sole, il semaforo verde.
Possiamo aspettare moltissime cose, che suddivido in due gruppi:

  • aspetto qualcosa di cui conosco l’intervallo di tempo per cui devo attendere
  • aspetto qualcosa di cui non conosco le tempistiche e soprattutto se succederà

All’università aspettavo il risultato degli esami. Spesso ci veniva comunicata la data esatta della pubblicazione dei risultati. Ricordo l’attesa con un po’ di ansia: avrò passato l’esame o no?? Aspetta X giorni e lo saprai, mi dicevo. Una certezza: solo X giorni di attesa, lunghi a volte per carità, ma un numero preciso di giorni.
Non sapevo il risultato ovviamente ma quanto dovevo attendere per saperlo, si, quello si. E quello mi dava una certa tranquillità.

C’era poi il treno da prendere: be’ li avevo tutti gli orari, andata e ritorno. Sapevo quanto tempo avrei avuto a disposizione prima dell’arrivo del treno. In base a quello decidevo se potevo fare un giro in centro o se era meglio aspettare in stazione leggendo un libro. Anche questo mi dava tranquillità, conoscere le tempistiche.

In entrambe i casi sopra detti, c’era la consapevolezza da parte mia che l’attesa sarebbe terminata.
Non sempre in questa attesa c’è stata preoccupazione: il treno in fin dei conti era un viaggio e mi godevo il panorama del nostro lago d’Iseo. Nel caso degli esami c’era un po’ di ansia, ma non era dettata dal tempo di attesa, quanto dall’incertezza sul risultato. Tuttavia il risultato l’avrei visto entro X giorni e poi, in caso, mi sarei preoccupata di preparare di nuovo l’esame.

E vogliamo parlare dell’attesa al semaforo? sappiamo che diventerà verde in pochi minuti. Ne abbiamo la certezza. Nessuna preoccupazione. Forse solo un po’ di nervosismo quando abbiamo fretta.

Ma ci sono altri casi in cui non è solo il risultato che ci preoccupa, ma anche non avere la possibilità di conoscere quanto tempo ci servirà per avere una risposta e soprattutto se l’avremo mai.

Un esempio su tutti è quando si attende una risposta da qualcuno: può essere di lavoro, da parte di qualcuno che per noi in quel momento è importante. Cosa ci chiediamo in questi casi? Avrò una risposta? Se si, quando? Se no, perché? ecc. Insomma una miriade di domande che creano incertezza.
Oltre a non avere una risposta, manca una tempistica. Nessuno sa dirci se la risposta arriverà mai. Un po’ come le spunte – singola, doppie e azzurre – di WhatsApp che cercano di darci delle certezze (spunta blu: ha letto il messaggio!)

E noi come viviamo l’attesa?

Alcuni rimangono giorni in questa incertezza, dormono male e continuano a pensarci.
Altri invece, vanno avanti, non rimangono in attesa: se poi un giorno arriverà la risposta bene, ne prenderanno atto e valuteranno il da farsi, altrimenti pace.
Chi sa gestire meglio una situazione del genere?
Magari ci fosse una tempistica: entro X giorni avrai la risposta (positiva o negativa). Questo risolverebbe molte situazioni e lascerebbe la mente libera a molte persone.

E i cani? Come vivono l’attesa?

Bene, perché tutto questo bla bla bla su di noi? Un po’ tutti abbiamo provato questi due tipi di situazione e quindi possiamo capire meglio i nostri cani.
Per i cani succede più o meno quello che succede a noi: vista la nostra bravura e attenzione nella comunicazione, i cani spesso rimangono lì in attesa senza sapere cosa aspettarsi, perché noi non diamo segnali chiari, ci comportiamo come se il nostro cane potesse leggerci nella mente e comportarsi di conseguenza. Diamo per scontato che stiamo comunicando bene e che tutto sia chiaro…ma non è così.
E già per questo, tanto di cappello ai cani, che nonostante ciò hanno mille frecce nel loro arco e se la cavano alla grande.

Per esempio, arriviamo davanti alla nostra farmacia con il nostro cane e lì noi sappiamo che lui non può entrare e deve aspettarci fuori.
Lo leghiamo con il guinzaglio al palo vicino alla farmacia e ci allontaniamo, entriamo in farmacia, senza alcun segnale, nessuna indicazione.
E il nostro cane? Come sa che torneremo? Come sa che quel nostro allontanamento da lui ha una durata limitata, che noi torneremo di lì a breve?
Ecco, basterebbe un segnale…un segnale di attesa. Io lo chiamo Resta. Con un segnale di attesa incornicio la situazione: creo un’aspettativa (che io tornerò di li a breve) e do una certezza (il mio ritorno).
Ed è poco? Un gesto che lascia il mio cane più tranquillo su ciò che avverrà e che lo prepara a quello che sta per succedere.  Un segnale che fa la differenza! Eppure ancora poco conosciuto!

Immagina un cane che è stato abbandonato dalla sua famiglia. L’incertezza regna sovrana nella sua mente: che fine avranno fatto i miei, posso allontanarmi da qui, torneranno da me?
Mi viene in mente il film stupendo di Hachiko, l’Akita che tutti i giorni aspettava alla stazione il suo amico, il professor Hidesaburō Ueno. Dopo la morte improvvisa del professore, Hachiko ogni giorno si è recato all’ingresso di quella stazione ad aspettarlo. Lo ha aspettato per una vita, fino all’ultimo giorno.

E’ questo uno di quei segnali a cui dedicarsi subito dopo il Seduto…il segnale di attesa.


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